CONVENZIONE CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI TRA ITALIA E HONG KONG

La Convenzione stipulata il 14 gennaio 2013 tra il Governo italiano e quello di Hong Kong apre nuovi scenari fiscali. Se la procedura di scambio degli atti di ratifica avverrà nel 2013, il suo effetto inizierà il 1° gennaio 2014.

La Regione Amministrativa Speciale di Honk Kong è inserita nelle tre liste nere fiscali previste dall’ordinamento italiano:

  1. black-list D.M. 4 maggio 1999 – persone fisiche
  2. black-list D.M. 21 novembre 2001 – società controllate estere
  3. black-list D.M. 23 gennaio 2002 – indeducibilità dei costi.

La Convenzione, molto probabilmente, porterà la cancellazione di Hong Kong da queste liste nere. Il condizionale in questo caso è d’obbligo in quanto la procedura non è automatica. Infatti, sono numerosi i casi in cui l’Italia ha sottoscritto analoghe Convenzioni, ma ha continuato a mantenere nelle liste nere l’altro Stato contraente.

L’Agreement in argomento si basa sul modello di Convenzione OCSE. Gli eventuali conflitti di residenza saranno risolti in base alle disposizioni riportate nell’art. 4 che, nel primo paragrafo, fornisce una definizione della locuzione “residente di una delle Parti contraenti”, mentre nei successivi due paragrafi fornisce il metodo di determinazione della effettiva residenza, rispettivamente, per le persone fisiche (paragrafo 2) e per le persone diverse da quelle fisiche (paragrafo 3).

Il paragrafo 2 prevede tre diverse metodologie per la determinazione della residenza effettiva (Tie break rules):

  • residente soltanto nella Parte in cui la persona ha un'abitazione permanente e se ha una sede permanente a sua disposizione in entrambi gli Stati contraenti, è considerato residente nella Parte con la quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali)
  • se non fosse possibile determinare il centro degli interessi vitali, oppure nel caso in cui la Parte non abbia un'abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, la residenza è riferibile nello Stato in cui il soggetto ha una dimora abituale
  • se la persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, le competenti autorità risolvono la questione di comune accordo.

Se una persona diversa da una persona fisica è considerata residente in entrambi gli Stati contraenti, le competenti autorità risolveranno la questione di comune accordo individuando la sua sede di direzione effettiva. Se tale accordo dovesse venir meno, il soggetto non ha il diritto di reclamare alcuna esenzione dalle imposte previste dall’ accordo.

L’imposta pagata sui redditi percepiti da italiani che sono residenti a Hong Kong, entro determinati limiti, è ammessa in detrazione dall’ imposta dovuta in Italia.

In relazione alla stabile organizzazione, sarà possibile evitare la doppia imposizione (che si presenterà in assenza di Convenzione in quanto gli utili delle società della Regione Amministrativa Speciale che in Italia hanno tale base fissa sono tassati sia in Italia che a Hong Kong se il reddito proviene da quest’ultimo) perché a Hong Kong l’imposta italiana corrisposta dalla società sarà ammessa entro certi limiti come credito a fronte dell’imposta che è dovuta a Hong Kong. In Italia, quindi, dalle imposte nazionali italiane che sono dovute, saranno detratte entro certi limiti le imposte pagate nello Stato asiatico.

Questi gli scenari che si potrebbero presentare all’entrata in vigore della Convenzione.

1. RESIDENZA

Persone fisiche

Per i contribuenti italiani vale il worlwide taxation principle, ossia il principio di tassazione su base mondiale, che prevede che lo Stato della residenza sottopone a imposizione tutti i redditi ovunque prodotti, mentre per i soggetti non residenti vale il source taxation principle, ossia la tassazione sui redditi dagli stessi prodotti esclusivamente nel territorio italiano (l’Italia funge in questo caso come Stato della fonte).

Attualmente la residenza presso il Paese a fiscalità privilegiata di Hong Kong rientra nella fattispecie prevista dall’art. 2, comma 2 bis, del testo unico sulle imposte sui redditi (Tuir), secondo il quale, il cittadino italiano pur essendosi cancellato dall’anagrafe residente e iscritto nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) deve dimostrare (inversione dell’onere della prova per presunzione relativa) l’effettiva residenza all’estero avendo perso ogni significativo collegamento con lo Stato italiano.

Se Hong Kong diventerà white-list al fine dell’eliminazione dalla lista ex D.M. 4 maggo 1999, l’onere della prova di dimostrare che il cittadino italiano non si è effettivamente trasferito all’ estero sarà a carico dell’Amministrazione finanziaria in quanto il caso rientrerà nel disposto dell’art. 2, comma 2, del Tuir.

Persone giuridiche

Le persone giuridiche sono considerate fiscalmente residenti in Italia (art. 73, comma 3, del Tuir) se hanno nel Paese per più di 183 giorni (184 nel caso di anno bisestile) la sede legale, la sede amministrativa o l'oggetto principale

SOCIETA’ CONTROLLATE ESTERE

Una società si considera controllata quando il controllante:

  • ha la maggioranza in assemblea, oppure
  • ha un’influenza dominante, oppure
  • ha un’influenza dominante contrattuale.

In linea generale, l’utile di una società estera controllata è assoggettato, per trasparenza, al controllante in base alla propria quota di partecipazione indipendentemente dalla distribuzione degli stessi. Inoltre la tassazione deve avvenire con un’aliquota media non inferiore al 27% e il reddito è ricalcolato secondo le regole italiane.

Nel caso in cui la società controllata sia localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata, è possibile disapplicare la normativa Cfc (totale tassazione dell’utile della controllata estera) mediante presentazione di interpello disapplicativo al fine di dimostrare due esimenti: che l’attività della controllata è effettivamente svolta nel mercato del territorio black-list; la mancanza di effetti elusivi.

Se fosse applicata la Convenzione, l' utile non è trasferito per trasparenza al soggetto italiano controllante, ma subisce la tassazione esclusivamente a Hong Kong al 16,50% e, in base al percettore come di seguito evidenziato:

  • Società di capitali: Tassazione sul 5% dei dividendi/plusvalenze.
  • Impresa persona fisica/Società di persone: Tassazione sul 49,72% dei dividendi/plusvalenze.
  • Persona fisica nel caso di partecipazione non qualificata: Tassazione definitiva del 20% dei dividendi/plusvalenze.
  • Persona fisica nel caso di partecipazione qualificata: Tassazione del 49,72% dei dividendi/plusvalenze.

DEDUCIBILITA’ COSTI DA BLACK-LIST

La legislazione italiana (Art. 110, commi da 10 a 12-bis del Tuir) prevede che non sono ammesse in deduzione le spese e gli altri componenti negative di reddito che derivano da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate, nonché professionisti domiciliati, in Stati o territori a fiscalità privilegiata individuati dal D.M. 23 gennaio 2002 .

La norma de qua consente di poter dedurre le spese e altri componenti negativi sostenuti con soggetti residenti, localizzati oppure domiciliati in territori a fiscalità privilegiata, esclusivamente nella circostanza in cui l'impresa residente in Italia dimostri alternativamente:

  1. che l'impresa svolge prevalentemente un'attività commerciale effettiva
  2. che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta attuazione.

Il dettato normativo in argomento rappresenta una disposizione antielusiva e come tale è possibile applicarla esclusivamente se la Convenzione (norma superiore gerarchicamente al Tuir) prevede una “clausola di salvaguardia” che permette, appunto, l’applicazione di quanto previsto dall’art. 110, commi 10 e seguenti.

Nel caso di specie, l’Agreement stipulato con Hong Kong, prevede tale clausola (Art. 27 della Convenzione: “Nothing in this Agreement shall prejudice the right of each Contracting Party to aplly its domestic laws and measures to prevent fiscal evasion and tax avoidance, whether or not descrive as such”).

Sino a quando Hong Kong non sarà eliminata dalla black-list e per il fatto dell’esistenza nella Convenzione della “clausola di salvaguardia”, per poter dedurre i costi sostenuti con la controparte asiatica l’impresa italiana dovrà quindi dimostrare le cause esimente precedentemente illustrate.

Nel caso di eliminazione di Hong Kong dalla relativa black-list dei costi la deduzione seguirà la via ordinaria e non sarà più necessario presentare alcun interpello.

OBBLIGO DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE IVA BLACK-LIST

Il soggetto passivo IVA italiano deve presentare la dichiarazione relativa alle operazioni effettuate nei confronti di operatori economici localizzati nei Paesi cosiddetti black list di cui al D.M. 4 maggio 1999 (persone fisiche) e al D.M. 21 novembre 2001 (società controllate estere), liste in cui rientra anche Hong Kong.

La ratio della disposizione è da ricercare nel contrasto alle frodi carosello e alle cd. “cartiere”. Le operazioni sottoposte dall’ obbligo dichiarativo sono: le cessioni/acquisti di beni, le prestazioni di servizi rese/ricevute.

Sino a quando Hong Kong sarà mantenuta nelle black-list persone fisiche e società controllate estere, l’operatore italiano avrà l’obbligo di presentare la dichiarazione Iva de quo.

La futura eliminazione del Paese asiatico dalle predette black-list, invece, farà decadere l’obbligo di presentazione della dichiarazione Iva black-list, riducendo notevolmente gli obblighi contabili a carico delle imprese.

Pur avendo raggiunto un traguardo importante con la sottoscrizione della Convenzione contro le doppie imposizioni, l’eliminazione di Hong Kong dalle liste nere riveste una notevole importanza in quanto permette, come detto, una riduzione delle incombenze contabili a carico dell’impresa e con essa anche una contrazione delle spese che questi devono sostenere per la presentazione degli interpelli disapplicativi.

Da non sottovalutare inoltre i potenziali investimenti che potrebbero arrivare da Hong Kong all’ Italia (Hong Kong è una delle due principali piazze finanziarie in Asia ed è sempre in vetta alle classifiche per la facilità di fare business), nonchè la possibilità per le aziende italiane di "utilizzare"  Hong Kong e i suoi vantaggi strategici, soprattutto come piattaforma prediletta per gli investimenti in Cina e in altri paesi del Sud-est Asiatico.

Fonte: www.newsmercati.com